purtroppo il tutto si è limitato alla lettura di una parte della relazione accompagnatoria da parte del primo promotore Stephan Lausch. Visto che l’avvio della trattazione congiunta con il disegno di legge della SVP così come è stata decisa non è stato possibile in quanto si aspetta ancora il parere del Consiglio dei Comuni, la prosecuzione della trattazione è stata rinviata al 25 novembre. Nel frattempo auguriamo alla Commissione un viaggio di studio in Svizzera delucidante per quanto riguarda i requisiti necessari per un buon funzionamento della democrazia diretta.

Ad essa sarà dedicato uno di quattro giornate.

Ecco qui la parte introduttiva della relazione accompagnatoria:

Relazione accompagnatoria al „Disegno di legge provinciale sulla democrazia diretta –
poteri di indirizzo, potere consultivo, poteri deliberativi“


Il 25 ottobre 2009 ha avuto luogo in Alto Adige, per la prima volta nella sua storia, un referendum a livello provinciale. Oggetto di tale referendum sono state soprattutto due proposte inerenti ad una nuova regolamentazione della Democrazia Diretta. Tali proposte sono state presentate prendendo atto e nel convincimento che la regolamentazione della legge provinciale in vigore non permetta realmente l’esercizio del diritto a partecipare alle decisioni politiche. Ciò è emerso in molteplici aspetti, in occasione della prima applicazione della legge del 2005.

1. Malgrado una preparazione e un’informazione pluriennali riguardo questo evento democratico, nonostante l’impegno di più di quaranta organizzazioni, di gruppi attivi in più di due terzi dei comuni della provincia e l’atteggiamento favorevole di tutti i partiti rappresentati nel Consiglio provinciale, con la sola esclusione di due di essi, non è stato possibile raggiungere la soglia minima di partecipazione del 40%, anche se di poco, ed il referendum non è stato dichiarato valido.

2. L’inadeguato impegno legislativo della Giunta provinciale nel garantire una informazione “obiettiva ed equilibrata” e i relativi obblighi ad essa derivanti dalla legge statale sulla par conditio, non sono bastati a garantire una informazione che consentisse a tutte le cittadine ed i cittadine di farsi un’idea sufficientemente chiara dell’oggetto del referendum e non hanno impedito che la Giunta provinciale, in modo riprovevole e probabilmente anche illegale, ostacolasse il formarsi di un giudizio imparziale sugli oggetti del referendum tramite apparizioni nei media affette da parzialità, disorientanti ed ingannevoli.

3. Alla votazione è pervenuto, tra gli altri, anche un quesito che non dovrebbe essere oggetto di una iniziativa di legge, bensì di un referendum su atti amministrativi che non viene posto a votazione solamente dopo tre anni dalla presentazione della richiesta. Invece questo è accaduto, poiché un referendum amministrativo non era previsto dalla vigente legge provinciale.

4. Non per ultimo la legge provinciale in vigore non prevede alcuna protezione efficace dei gruppi linguistici cosicché, soprattutto un’azione manipolatrice della Giunta provinciale, sono state appositamente suscitate paure in un gruppo linguistico e tale gruppo linguistico è stato indotto ad astenersi dal proprio diritto di partecipare alla votazione, in modo tale da non far raggiungere la convalida dei risultati della stessa.

Tutto questo è stato ovviamente voluto con l’approvazione della legge provinciale nr. 11 del 15. nov. 2005, “Iniziativa popolare e referendum”. Si è voluto delineare un diritto a partecipare alle decisioni politiche inefficiente ed inapplicabile. Infatti all’origine di tale legge vi è stata un’iniziativa popolare che ha mostrato chiaramente come la Democrazia Diretta possa essere regolamentata in modo da venire utilizzata in maniera efficace. La maggioranza dei rappresentanti politici in Consiglio provinciale non ha voluto seguire tale principio ed ha approvato una legge, confezionata su incarico del Presidente della Giunta provinciale, la quale appunto si è dimostrata inutilizzabile sin dalla sua prima applicazione.
Dal 2001 le cittadine ed i cittadini altoatesini hanno il diritto, secondo lo Statuto di Autonomia, a partecipare alle decisioni politiche secondo le regole della Democrazia Diretta. Dopo dieci anni tale diritto, nonostante gli intensi sforzi prodotti nella società civile per una sua corretta regolamentazione, non è ancora applicabile.
Al referendum del 25 ottobre 2009, 114.884 cittadine e cittadini si sono espressi con il loro voto a favore della proposta per una migliore legge sulla Democrazia Diretta – avanzata da un’alleanza di più di quaranta organizzazioni – proposta che ha raccolto essenzialmente l’iniziativa popolare del 2003. Il 38,1% degli aventi diritto al voto ha partecipato alle votazioni – questa è una partecipazione che, in un confronto a livello internazionale, si colloca al di sopra della media. L’83,2% dei votanti si sono espressi a favore del disegno di legge. Se non ci fosse stato il quorum partecipativo del 40%, soglia che nel frattempo viene giudicata inaccettabile anche dalla stessa SVP, con tutta probabilità questa legge sarebbe oggi in vigore.
Per questo tale disegno di legge ha tutta la legittimità per essere introdotto dal Consiglio provinciale al posto della legge vigente che palesemente non garantisce l’effettiva applicabilità del diritto a partecipare alle decisioni politiche. Si pensi come si reagisse al fatto che una legge elettorale non garantisca una vera scelta della rappresentanza politica. Il presente disegno di legge viene qui proposto in una versione rivista e migliorata in due punti tenendo così conto delle esperienze fatte nella consultazione popolare:
Il quorum non è stato raggiunto perché la popolazione di lingua italiana ha partecipato al referendum in misura molto più ridotta di quella di lingua tedesca. Il motivo di ciò si ritrova in un livello di informazione molto più scarso e nella paura indotta nella minoranza linguistica in provincia di soccombere nei referendum su questioni di valenza etnica, paura suscitata consapevolmente dagli oppositori di una partecipazione alle decisioni politiche ben funzionante. Indipendentemente dal fatto che tale paura sia o meno motivata, nel disegno di legge allegato si assicura, tramite una apposita clausola di garanzia, che una proposta che riguardi in modo particolare uno o più gruppi linguistici, possa venire accolta solamente se nella consultazione popolare essa viene approvata dalla maggioranza dei voti di tale o di tali gruppi linguistici. Con questa regolamentazione i gruppi linguistici ottengono un diritto di veto sulle questioni di sensibilità etnica.
In special modo si è scontrata con le dure critiche da parte della Giunta provinciale la proposta regolamentazione del referendum amministrativo. Si è paventato la paralisi dell’azione amministrativa. Malgrado la convinzione che tale critica non fosse giustificata, nel disegno di legge allegato si è voluto tenerne conto tramite una regolamentazione rielaborata.

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